202105.26
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Con questi articoli ci proponiamo di mantenere aggiornati i nostri clienti sugli sviluppi nel settore della Proprietà Industriale in generale e della nostra struttura in particolare. Desideriamo garantire in questo modo una visione più ampia degli strumenti che il campo dei marchi, nomi a dominio, brevetti, disegni e diritti connessi offre agli imprenditori, per valorizzare e difendere il loro impegno nella ricerca e sviluppo di nuove soluzioni e idee. I contenuti di questa newsletter hanno carattere esclusivamente informativo e non costituiscono un parere legale, né possono in alcun modo considerarsi come sostitutivi di una specifica consulenza legale



Nella pratica voodoo, zombie è il cadavere riportato in vita da un potere soprannaturale e, quando, nel 1974 al riguardo dell’istituto della decadenza per non uso, il defunto professor Remo Franceschelli scrisse Cimiteri di marchi e fantasmi di marchi (Riv. Dir. Ind., 1974, I, 5) non so se si riferisse proprio a questo.


In altre parole, la questione dei cc.dd. marchi zombie è se il mancato uso (ora quinquennale) o la scadenza per mancato rinnovo di un marchio possano essere di per sé insufficienti a rendere tale vecchio marchio liberamente disponibile per il suo deposito ed il suo uso da parte di terzi, laddove questo abbia dei residui di notorietà.
L’esperienza, infatti, mostra l’esistenza di imprese, le quali setacciano il cimitero dei marchi, alla ricerca di segni che abbiano ancora un potenziale commerciale in quanto ancora vivi nella memoria dei consumatori o di una parte di essi, ma di cui sia già scattato il tempo necessario per fare operare la sanzione della loro decadenza per non uso oppure non siano stati rinnovati. E ciò, con l’obiettivo di costruire un nuovo business basato su tale persistente notorietà e su quanto il marchio ancora evoca in termini qualitativi e conseguentemente, anche in termini di suggestione.
Infatti, a causa della loro decadibilità o del loro mancato rinnovo, tali marchi sembrerebbero prospetticamente essere disponibili in base al criterio del "first come, first served".
Solo che l’interesse che li riguarda è collegato non tanto al suo attuale titolare, quanto alla persistente associazione con il suo titolare originario e, quindi, alla loro intrinseca ingannevolezza.
Il che fa sorgere il doppio quesito: se il sistema giuridico può (o deve) tollerare tale inganno e, in caso affermativo, in quale misura.
I tribunali UE e le corti nazionali hanno affrontato la questione in modo sporadico e sotto angolature diverse: i casi più noti a questo proposito sono il caso FAMOBIL in Spagna (decisione del Tribunale Provinciale di Alicante n. 6 del 10 gennaio 2014), in Italia, il caso LAMBRETTA (decisione della Corte Suprema italiana n. 7970 del 28 marzo 2017) e, nella UE, il caso SIMCA (decisione del Tribunale UE. 8 maggio 2014, causa T 327/12): in particolare, il caso FAMOBIL affronta la questione sotto il profilo del rischio di confusione con un diritto precedente, il caso LAMBRETTA sotto il profilo della decadenza per non uso, mentre il caso SIMCA affronta la questione sotto il profilo della malafede nel deposito.
Ebbene, ai nostri fini, è chiaro che la rilevanza dei casi FAMOBIL e LAMBRETTA debba essere ridimensionata, e questo perché, nel caso FAMOBIL, la reputazione residua del marchio FAMOBIL non faceva parte del giudizio, mentre nella decisione LAMBRETTA, la Corte Suprema italiana ha (giustamente) chiarito che la reputazione residua è irrilevante nel decidere la decadenza per mancanza d’uso. E ciò, al contrario di SIMCA, incentrato com’era sulla questione della malafede nel deposito (SIMCA è stata successivamente rispecchiata nella decisione PEDRO MIGUEL n. 299/2015, emessa il 30 dicembre 2015 dalla Corte d’Appello di Granada) e sull’affronto diretto della questione.
SIMCA, infatti, nega fondatezza alla difesa del titolare, laddove questi, al fine di controbattere alla tesi che il marchio è stato depositato in mala fede, sostiene la fondatezza della propria posizione sulla base del fatto …che i marchi anteriori non venivano più utilizzati ….: infatti, a detta del Tribunale UE (vedi § 63) il deposito ha avuto luogo in mala fede perché la registrazione.... è stata deliberatamente domandata al fine di generare un’associazione con i marchi anteriori e trarre vantaggio dalla loro notorietà sul mercato automobilistico ovvero persino concorrere con questi ultimi nel caso in cui essi venissero riutilizzati dall’interveniente in futuro.

Che accade, invece, se il marchio precedente non è stato rinnovato ed il titolare del marchio non rinnovato non ha chiesto dichiararsi la nullità dell’identico marchio successivamente depositato e concesso in quanto depositato in mala fede? Può una domanda di decettività intrinseca di tale marchio (zombie) essere fondata?
La legge non affronta direttamente la questione.
Tuttavia, un peso particolare dovrebbe essere dato al fatto che l’utente interessato ricordi il vecchio marchio. Se così è, infatti, il nuovo richiedente non dovrebbe essere libero di depositare un marchio identico a quello vecchio e/o di produrre e/o vendere liberamente prodotti o servizi con il marchio secondo livelli qualitativi diversi da quelli dei beni contraddistinti dalla registrazione originaria. E questo, perché, così facendo, può generare confusione e distruggere le aspettative di qualità legate al segno, tradendo così le due funzioni principali dei marchi, ossia quella d’origine e quella di qualità.

Ne consegue che, prima di depositare e rilanciare il marchio senza autorizzazione da parte del titolare originario, è opportuno che il potenziale richiedente prenda in seria considerazione la possibilità di una previa indagine di carattere demoscopico al fine di identificare il consumatore interessato e valutare la residua consapevolezza che questi ha della vecchia registrazione del medesimo marchio, talché maggiore è tale consapevolezza e maggiore è il potenziale rischio di invalidità del marchio rilanciato a meno che il nuovo proprietario non adotti garanzie a tutela dell’interesse pubblico della funzione d’origine o di qualità come la previsione di disclaimers: in altre parole, il rilancio di un marchio zombie richiede consapevolezza circa la necessità che il marchio tuteli sia il proprio titolare sia l’interesse del pubblico a non essere ingannato, mantenendo o migliorando il livello qualitativo dei prodotti così contraddistinti. Questo, però, può non bastare, servendo, invece, che la vecchia registrazione sia prima dimenticata (quasi?) completamente.