201611.29
0
Print Friendly, PDF & Email

Con questi articoli ci proponiamo di mantenere aggiornati i nostri clienti sugli sviluppi nel settore della Proprietà Industriale in generale e della nostra struttura in particolare. Desideriamo garantire in questo modo una visione più ampia degli strumenti che il campo dei marchi, nomi a dominio, brevetti, disegni e diritti connessi offre agli imprenditori, per valorizzare e difendere il loro impegno nella ricerca e sviluppo di nuove soluzioni e idee.



Trovarsi coinvolti in un contenzioso giudiziario (o, comunque, doverlo promuovere per difendere i propri diritti) non è certamente mai piacevole, per nessuna delle parti. Fortunatamente però molte vertenze si concludono con il raggiungimento di un accordo. Ciò vale ovviamente anche per il settore della proprietà intellettuale per cui non è raro che vengano stipulati, per esempio, accordi di coesistenza tra marchi più o meno simili o transazioni di più ampio respiro.

Per evitare però che tali accordi diventino forieri di eventuali nuove diatribe è importante che le parti si sforzino di elaborare un testo che sia il più possibile corrispondente alle reali intenzioni e che non lasci spazio a dubbi interpretativi.

Purtroppo però questo non sempre accade. Recentemente, uno di questi accordi è stato infatti oggetto di analisi da parte del Tribunale di Milano che, con sentenza n. 2471/2016, si è pronunciato in merito alla controversia insorta tra le società Versace 1969 Abbigliamento Sportivo s.r.l. e Gia + Fra s.r.l. da una parte (d’ora in avanti indicate come “Versace 1969”) e, la società Gianni Versace S.p.A, dall’altra.

La disputa traeva origine dall’acquisizione da parte di Gia-Fra S.r.l. del marchio “Versace 19.69 Abbigliamento Sportivo”, marchio che, prima della sentenza n. 2471/2016, aveva già visto contrapposte le parti in un altro contenzioso poi risolto con il raggiungimento di un accordo transattivo.

Con tale accordo, Versace 1969 rinunciava “(…) alla registrazione del segno distintivo Versace 19.69 Abbigliamento Sportivo (…) e al fine conciliativo e transattivo si obbliga(va) a non indicare in futuro in nessun prodotto oggetto dell’attività imprenditoriale svolta in proprio o dalle società dallo stesso rappresentate, nonché nella pubblicità dei prodotti e in ogni diversa forma di comunicazione e promozione al pubblico dei prodotti stessi il nome VERSACE fermo restando il diritto dovere di indicare la denominazione sociale completa del produttore o importatore dei prodotti nei casi imposti dalla legge anche al fine della etichettatura modificando l’eventuale font utilizzato”. Alla società Versace 1969 veniva inoltre impedito l’uso, all’interno del proprio sito internet, del patronimico “Versace”, fatta eccezione per l’uso dello stesso come denominazione sociale.

Successivamente, le modalità di utilizzo del patronimico “Versace” da parte di Versace 1969 (si desume dalla sentenza che quest’ultima desse particolare evidenza nelle proprie comunicazioni al patronimico in questione) venivano contestate da Gianni Versace S.p.A.  poiché non ritenute in linea con l’accordo transattivo raggiunto.

In sostanza, da una parte Gianni Versace S.p.A. riteneva che Versace 1969 facesse un uso del tutto speculativo delle concessioni oggetto dell’accordo transattivo. Chiedeva quindi che fosse inibito l’uso del nome Versace a controparte. D’altro canto, Versace 1969 sosteneva invece che le dovesse essere riconosciuto il diritto e dovere di indicare la denominazione completa “Versace 19.69 Abbigliamento Sportivo” per informare i consumatori della propria qualità di produttore/importatore.

Il giudice, esaminando il testo contrattuale, ha in primo luogo escluso che l’accordo potesse essere ricondotto alla categoria dei c.d. accordi di coesistenza tra marchi[1]. Il Tribunale ha infatti ritenuto che l’accordo fosse solamente diretto a suggellare la rinuncia di Gianni Versace S.p.A. a far valere i diritti nascenti dalle proprie registrazioni di marchio in relazione alla sola denominazione o ragione sociale della controparte.

Per questo motivo, il Tribunale ha anche ritenuto che le modalità di utilizzo della denominazione “Versace 1969” (appariva in evidenza sull’etichettatura esterna dei prodotti di maglieria, sulla montatura di occhiali e, in alcuni casi, anche come elemento decorativo di alcune borse) travalicasse la mera esigenza di rendere identificabile il produttore [2].

Ritenendo, invece, che tale uso rappresentasse una forma di utilizzazione del segno distintivo in senso stretto, il Tribunale ha rigettato le tesi difensive di Versace 1969. In particolare, i giudici hanno ritenuto che si fosse concretizzato un vero e proprio abuso della denominazione sociale “Versace 1969” ritenendo quest’ultima “così interferente con i marchi notori [di Gianni Versace S.p.A.] da poter essere considerata ingannevole (…) in quanto le informazioni rilevanti per la scelta del consumatore gli vengono fornite in modo oscuro e ambiguo, inducendolo ad assumere una decisione di acquisto (conoscendo l’effettiva origine imprenditoriale, esterna alla compagine della nota casa di moda) non avrebbe preso]”.

Il Tribunale ha quindi inibito a Versace 1969 ogni forma d’uso del patronimico “Versace” ad eccezione dell’uso a titolo di ragione sociale e limitatamente a “relazioni d’affari con soggetti diversi dai consumatori finali, nella corrispondenza commerciale, nel timbro e nella modulistica e laddove rigorosamente imposta dalla legge nei rapporti con le autorità amministrative e non altrimenti surrogabile[3].

Questa decisione consente di ricordare che la stesura di accordi transattivi necessita di essere accuratamente elaborata, eventualmente anche “abbondando” per esplicitare concetti che possono apparire scontati. È inoltre sempre consigliabile redigere tali accordi avvalendosi dell’assistenza di professionisti del settore di riferimento al fine di limitare i rischi di redigere clausole in conflitto con norme inderogabili o, in ogni caso, di giungere ad un testo che non sia espressione dei reali fini perseguiti.

[1] Si desume infatti dalla sentenza come questa fosse una delle tesi difensive sostenute da Versace 1969.

[2] Secondo il Tribunale nel segno “Versace 1969 Abbigliamento Sportivo”, il termine “Versace” era posto in eccessiva evidenza e l’accostamento con la data suggeriva al pubblico un fantomatico inizio di attività.

[3]Considerando che il Tribunale si è pronunciato nella veste di Tribunale di marchi dell’Unione Europea, l’inibitoria dispiega i suoi effetti non solo sul territorio nazionale, ma anche in tutti gli altri Stati Membri dell’Unione.