201604.19
0
Print Friendly, PDF & Email

Con questi articoli ci proponiamo di mantenere aggiornati i nostri clienti sugli sviluppi nel settore della Proprietà Industriale in generale e della nostra struttura in particolare. Desideriamo garantire in questo modo una visione più ampia degli strumenti che il campo dei marchi, nomi a dominio, brevetti, disegni e diritti connessi offre agli imprenditori, per valorizzare e difendere il loro impegno nella ricerca e sviluppo di nuove soluzioni e idee.



Quando si pensa alla parola “brevetto”, la mente corre velocemente verso l’immagine di un prodotto tecnologico, oppure di un marchingegno meccanico o, tuttalpiù, di un prodotto farmaceutico. Difficilmente si pensa ad un capo di abbigliamento e, soprattutto, alla tasca di un paio di jeans.

Tuttavia, una sentenza di inizio anno emessa dal Tribunale di Milano offre l’occasione per sottolineare come, in alcuni casi, la tutela brevettuale possa essere presa in considerazione anche per questo tipo di articoli.

Il caso esaminato dal Tribunale meneghino ha visto coinvolte, in qualità di attrice, la società Max Mara S.r.l. e, dall’altro lato, le società Gruppo Germani S.r.l. e Passatempo S.p.A. La nota casa di moda lamentava infatti la violazione del proprio brevetto per invenzione industriale utilizzato per il modello di jeans chiamato “Perfect Fit”.

Il brevetto in questione aveva ad oggetto “Tasca per indumento, metodo di confezionamento della tasca e relativo indumento”. L’immagine di seguito riprodotta visualizza la tasca d’interesse.

tasca-imma

La particolarità di questa tasca sarebbe data dalla capacità di esaltare i glutei femminili grazie a due porzioni di tessuto che, una volta cucite insieme, consentono alla tasca di acquisire una “conformazione tridimensionale curva”, grazie alla riduzione dell’effetto di “schiacciamento” che normalmente si verifica quando una tasca viene applicata su un indumento in una posizione che tende ad incurvarsi in seguito all’utilizzo del medesimo.

Come spesso accade nelle dispute brevettuali, la prima difesa avanzata dalle società convenute (accusate da Max Mara di aver prodotto, commercializzato e distribuito il modello di pantalone “Backup” violando i diritti sul brevetto “Perfect Fit”) era volto a far dichiarare il brevetto nullo perché carente del requisito di c.d. “attività inventiva”.

Sul punto, il Tribunale ha dissentito ed ha riconosciuto la validità del brevetto poiché ha ritenuto che l’invenzione fosse idonea a risolvere un problema tecnico, ovvero – come si legge in sentenza - quello derivante dal fatto che la “la tasca posteriore del pantalone aderente – quale un jeans (anche elasticizzato) – non riesce ad adattarsi perfettamente alla superficie curva del gluteo, e tende ad appiattire il gluteo con un effetto antiestetico che può essere poco piacevole”. Così il Tribunale ha concluso che “la riduzione dello schiacciamento predetto, l’aumento del confort e la gradevolezza dell’effetto estetico costituiscono un problema tecnico molto chiaro: realizzare una tasca tridimensionale che si adatti bene al corpo, che sia comoda da portare e che sia esteticamente gradevole”.

Per chi ha familiarità con il mondo brevettuale può apparire inusuale che un problema per lo più percepito come di natura estetica possa concretamente assurgere a “problema tecnico” e quindi proteggibile attraverso il deposito di un brevetto.

Tuttavia, qualora la soluzione di un problema di natura strettamente tecnica (come in questo caso) porti ad un risultato di gradevolezza estetica (di nuovo, come in questo caso), il brevetto è un tipo di protezione che, secondo il Tribunale di Milano, può essere contemplata dall’inventore.

Chi opera nel settore dell’abbigliamento (ma non solo) non deve quindi escludere automaticamente la possibilità di tutelare soluzioni tecnico/estetiche attraverso il deposito di un brevetto.

Nel caso di Max Mara, questa decisione è risultata vincente se si considera che il Tribunale di Milano ha ritenuto il brevetto “Perfect Fit” valido e contraffatto dal modello di Germani “Backup” e, per questo – oltre ad inibire l’ulteriore produzione e commercializzazione – ha condannato le convenute alla c.d. “restituzione degli utili” quantificati nell’ammontare di Euro 1.783.432,00 per il Gruppo Germani e nella misura di 18.889,54 per la società Passatempo.

Un bel risultato che fa riflettere sull’importanza di tutelare adeguatamente gli sforzi creativi.