201604.19
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Con questi articoli ci proponiamo di mantenere aggiornati i nostri clienti sugli sviluppi nel settore della Proprietà Industriale in generale e della nostra struttura in particolare. Desideriamo garantire in questo modo una visione più ampia degli strumenti che il campo dei marchi, nomi a dominio, brevetti, disegni e diritti connessi offre agli imprenditori, per valorizzare e difendere il loro impegno nella ricerca e sviluppo di nuove soluzioni e idee.



Nella nostra precedente news letter (e prima ancora con quella di Gennaio) abbiamo brevemente commentato la recente entrata in vigore  del Regolamento (UE) 2015/2424 del 16 dicembre 2015 (“Regolamento”) che ha introdotto alcune importanti modifiche al sistema che regola il marchio comunitario, o meglio, in base alla nuova terminologia, il marchio UE.

Desideriamo ora soffermarci su una modifica che impatta sul rapporto tra c.d. merci in transito provenienti da Paesi terzi e destinate a paesi extra-UE e lotta alla contraffazione.

Si tratta, in particolare, dell’art. 9 (4) del Regolamento.

Fino ad oggi, le merci recanti marchi contraffatti potevano essere “bloccate” solo nel caso in cui il titolare del diritto contraffatto fosse stato in grado di dimostrare che le merci erano destinate alla vendita sul territorio UE. Questo principio scaturisce dalle sentenze Philips (C-446/09) e Nokia (C-495/09) che pone l’onere di provare la destinazione della merce verso il mercato UE in capo al titolare del diritto contraffatto[1].

Il Regolamento, come osservato da numerosi commentatori, rafforza ora la posizione del titolare di marchio UE superando l’impostazione dettata dai casi Philips/Nokia. Si prevede infatti che le merci recanti marchi contraffatti possano essere sequestrate anche nel caso in cui siano destinate a paesi extra UE[2].

Tuttavia, il dichiarante o detentore di prodotti avrà ancora a disposizione un’ “arma di difesa”: potrà ottenere il rilascio degli stessi qualora dimostri che il titolare del marchio UE non abbia titolo per bloccarne la vendita nel paese di destinazione (extra UE).

Se, quindi, da un lato la riforma agevola i titolari di marchi UE poiché sposta l’onere della prova dal titolare del marchio al dichiarante o detentore dei prodotti ritenuti contraffatti, dall’altro lato, il titolare del marchio UE dovrà tener conto del rischio rappresentato dal non avere diritto alla tutela del proprio marchio nel paese extra UE cui la merce è destinata. La mancata registrazione del marchio nel paese di destinazione potrebbe quindi rappresentare un ostacolo all’effettivo sequestro della merce in transito.

Un’accurata analisi del proprio portafoglio marchi diventa quindi fondamentale per quelle aziende impegnate a combattere la contraffazione dei propri segni distintivi. Disporre di una registrazione di marchio nel paese di destinazione extra UE potrebbe infatti rappresentare il miglior modo per “spuntare” l’arma prevista dal  Regolamento a favore del dichiarante o detentore dei prodotti,-[3]

[1] Tuttavia l’onere della prova è “alleggerito” poiché, in base all’impostazione Philips/Nokia la merce può ritenersi destinata al mercato UE se: non risulta chiaramente indicato il paese di destinazione, o in mancanza di informazioni attendibili sul produttore o del mittente o, ancora, nel caso di mancanza di cooperazione.

[2] L’art. 9(4) del regolamento prevede che: “Fatti salvi i diritti dei titolari acquisiti prima della data di deposito o della data di priorità del marchio UE, il titolare del marchio UE ha inoltre il diritto di impedire a tutti i terzi di introdurre nell'Unione, in ambito commerciale, prodotti che non siano stati immessi in libera pratica, quando detti prodotti, compreso l'imballaggio, provengono da paesi terzi e recano senza autorizzazione un marchio identico al marchio UE registrato per tali prodotti o che non può essere distinto nei suoi aspetti essenziali da detto marchio. La titolarità del marchio UE ai sensi del primo comma cessa qualora, durante il procedimento per determinare l'eventuale violazione del marchio UE, avviato conformemente al regolamento (UE) n. 608/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale, il dichiarante o il detentore dei prodotti fornisca prova che il titolare del marchio UE non ha il diritto di vietare l'immissione in commercio dei prodotti nel paese di destinazione finale”.

senza autorizzazione un marchio identico al marchio UE registrato per tali prodotti o che non può essere distinto nei suoi aspetti essenziali da detto marchio. La titolarità del marchio UE ai sensi del primo comma cessa qualora, durante il procedimento per determinare l'eventuale violazione del marchio UE, avviato conformemente al regolamento (UE) n. 608/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale, il dichiarante o il detentore dei prodotti fornisca prova che il titolare del marchio UE non ha il diritto di vietare l'immissione in commercio dei prodotti nel paese di destinazione finale”.

[3] Analoghe disposizioni sono previste anche nella Direttiva (UE) 2015/2436 del 16 dicembre 2015 (“Direttiva”) volta a modificare le normative nazionali in materia di marchi. Tuttavia, gli Stati dell’Unione Europea avranno tempo fino al 14/1/2019 per provvedere al suo recepimento. Ne consegue che rispetto alla violazione dei marchi nazionali vi è per il momento grande incertezza sul modo in cui le autorità doganali opereranno (almeno fino all’avvenuto recepimento della direttiva da parte dei rispettivi paesi). E’ plausibile che le autorità doganali continuino ad applicare i principi dettati dalle sentenze Philips/Nokia e, quindi, chiedano al titolare marchi nazionali di provare che le merci bloccate sono destinate al mercato europeo, oppure, seguendo l’impostazione già dettata dalla Direttiva (e dal Regolamento), optino invece per chiedere al titolare delle merci di provare che il titolare del marchio non ha diritto di opporsi all’uso del segno nel paese di destinazione.