202112.06
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Saga “Prošek” – l’Italia deposita le sue argomentazioni.


 

Nella nostra newsletter di Ottobre, abbiamo raccontato la vicenda del «Prošek», il vino croato che ha richiesto la protezione come menzione tradizionale dell’Unione Europea (vi invitiamo a consultare il nostro intervento qui). In tale occasione, avevamo concluso che l’Italia si stava preparando a presentare la difesa della sua Denominazione di Origine (DO) Prosecco. Ebbene, con 13 giorni di anticipo, il 9 novembre scorso l’Italia ha depositato le sue argomentazioni (un dossier di 14 pagine) a supporto del rigetto della richiesta di protezione della menzione tradizionale «Prošek», sostenendo che nella DO del Prosecco nella regione del Nord Est esiste un paese nel quale vige il bilinguismo e nella cartellonistica stradale il nome Prosecco si accompagna a quello di Prosek, sua naturale traduzione, come ricordato dal Ministro delle Politiche Agricole e Forestali Stefano Patuanelli nella conferenza stampa di presentazione delle argomentazioni depositate a difesa della DO Prosecco. È necessario ricordare innanzitutto che la protezione delle DO nei confronti di usi non autorizzati include anche, inter alia, la traduzione in lingua straniera di una DO, come potrebbe essere il presente caso. In aggiunta, la sussistenza all’interno di una denominazione di origine di una traduzione in un’altra lingua, come può accadere in zone geografiche adiacenti ai confini nazionali ove può vigere un regime bilingue, rafforza ulteriormente la posizione della DO anteriore, dato che i consumatori del Prosecco che si imbattono nel paesino di Prosek all’interno della zona geografica indicata nel disciplinare potrebbero ritenere che la menzione geografica «Prošek» sia in realtà di pertinenza dell’Italia e non della Croazia, così come viceversa. Infatti, se analizziamo il caso attuale, l’esistenza di un paesino la cui denominazione è praticamente identica alla domanda di protezione della menzione tradizionale in oggetto all’interno della zona geografica di competenza della DO del Prosecco non va che ad aggiungersi alla già esistente similitudine tra i due termini «Prošek» e «Prosecco».

A tale proposito, come ricorda lo stesso Ministro Patuanelli, accadde lo stesso –  a sfavore dell’Italia –  nel caso Tockaj/Tocai, dove fu dato ragione all’Ungheria, che argomentò rivendicando l’esistenza del nome geografico “Tockaj”, in opposizione al vitigno “Tocai” italiano. Essendo tali fatti alquanto simili a quelli relativi al caso «Prošek», l’Italia ha rivendicato l’applicazione delle medesime regole in questo contesto. Infine, nelle argomentazioni presentate, si menziona anche il caso Champanillo, recentemente oggetto di sentenza dinanzi al Tribunale Generale dell’UE, dove per la prima volta si conferma la sussistenza di una violazione per evocazione di una DO non solo in merito a prodotti ma anche in relazione a servizi correlati ad essa (servizi di ristorazione). Secondo il governo italiano, tale principio si deve necessariamente applicare anche nel caso «Prošek» la cui registrazione come menzione tradizionale nel settore vinicolo causerebbe un’evocazione della DO Prosecco, la cui protezione risale a molti anni prima.

Le rivendicazioni del governo italiano sono forti e basate sul sistema delle DOP/IGP (ndr denominazioni di origine ed indicazioni geografiche protette) Europee, garantite a livello dell’Unione Europea, e richiedono anche che la Commissione metta fine alla prolungata richiesta di protezione di denominazioni e menzioni, sottolineando che la Croazia è dal 2013 che ha depositato la richiesta per il suo «Prošek». Allo stesso modo, il governo italiano stabilisce che l’Italia con le sue 838 DOC/IGP e quasi 300 consorzi, è uno stakeholder importante del sistema DOC/IGP e come tale teme che il caso «Prošek» possa fare da “apripista” per potenziali future DOC/IGP, menzioni tradizionali parassitarie di DOC/IGP già protette in passato e tutelate dal sistema europea.

Il caso «Prošek» ovviamente è solo l’ultimo di una lunga serie di potenziali usi parassitari ed evocativi nei confronti di denominazioni di origine, tra cui ricordiamo i casi Meer-secco, Kressecco, Semisecco, Consecco e Perisecco tedeschi, così come versioni austriache del Prosecco come il Whitesecco, il Crisecco moldavo ed il Prosecco russo. Uscendo dall’universo Prosecco, in passato altre DO importanti si sono trovate costrette ad impugnare usi non autorizzati delle loro denominazioni, basti pensare al caso dello Scotch Whisky tedesco “Glen Buchenbach – Swabian Single Malt Whisky”, il Cambozola che si approfittava della reputazione del Gorgonzola, il gelato magnum al gusto champagne che scalfiva il prestigio delle famose bollicine francesi, il caso finlandese del “Verlados”, che sfruttava la reputazione del Calvados francese, tra i più famosi in questo ambito. Tali vicende sottolineano l’importanza delle ricerche di disponibilità effettuate dagli studi specializzati in materia di proprietà intellettuale, che permettono al cliente finale di non evocare denominazioni di origine, indicazioni geografiche o menzioni tradizionali nei propri prodotti da commercializzare, risparmiando così costosi procedimenti e sanzioni comminate per la violazione di tali diritti.

La Croazia dispone ora di 60 giorni per rispondere alle argomentazioni dell’Italia, prima di poter permettere alla Commissione Europea e agli organi preposti al giudizio di decidere in merito alla disputa del caso «Prošek».  Infine, il Ministro Patuanelli ha anche apertamente dichiarato che qualora la decisione fosse sfavorevole, il governo italiano sarà determinato a ricorrere in appello, per tutelare una tra le sue tante eccellenze.